Chi è davvero la mia mamma?

Chi è davvero la mia mamma?

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Liberamente tratto da “ABITARE LA MENZOGNA” di Antonella Lia, Stampa Alternativa,  http://www.stampalternativa.it/libri/978-88-6222-339-3/antonella-lia/abitare-la-menzogna.html

Chi non ha fatto congetture sulla propria nascita? È capitato a tutti da bambini di rimanere delusi dai genitori, di vagheggiarne di migliori, forse come reazione ad una madre troppo nervosa, o ad un padre severo e punitivo. L’universo infantile è popolato da una serie di fantasie, come reazione alle frustrazioni…

Scoprire che i propri genitori sono adottivi, è come scoprire che non esiste la Befana. Un turbine di emozioni e sentimenti sommerge.

Nel romanzo, “Mammina Cara”, Christina Crawford, figlia adottiva della perfida Joan, famosa diva degli anni ’50, ripercorre la propria infanzia trascorsa con la madre.

Pochi sono i genitori – naturali o adottivi – crudeli come Joan Crawford. Dall’autobiografia di Christina, emerge come l’attrice, perfezionista, isterica e completamente sprovvista di affettività, avesse strumentalizzato l’adozione ai fini pubblicitari.

La storia di Christina Crawford offre un esempio di quanto sia paradossale, ma in realtà consueto in personalità narcisistiche come quella della madre, ostentare alti valori morali di tipo familiare quando si vive nell’autoinganno.

Il “disamore” della madre è il leitmotiv della narrazione; basta un niente per scaricare addosso a Christina tutta la rabbia e l’aggressività: è lei la valvola di sfogo di una madre-tiranna, furiosa come un ossesso per ogni futile motivo, pronta a soffocarne sul nascere ogni timido tentativo di ribellione.

La bambina è terrorizzata dai lampi di collera violenta ed improvvisa che balenano negli occhi della madre-padrona,  il cui obiettivo è quello di  annullarne sistematicamente la personalità, riducendola all’impotenza: si tratta di una vera “aggressione vampirica” .

Ma il dato più raccapricciante che emerge dalla dialettica tra la genitrice tiranna e la figlia maltrattata è la complicità di quest’ultima nel proteggere per omertà, paura e vergogna, la sua aguzzina, ostentando all’esterno del nucleo familiare serenità e gratitudine.

Di fronte alla collera di un genitore che improvvisamente – senza che per il piccolo vi siano segnali di premonizione e di decodifica – diviene una belva furiosa, il bambino non può difendersi in alcun modo in quanto dipende totalmente dal suo aguzzino: è a lui che vorrebbe chiedere aiuto, ma da lui deve fuggire.

Un’impasse terrificante!

E’ costretto pertanto ad assoggettarsi alla punizione inflitta con violenza dal genitore in preda alla rabbia.

Deve preoccuparsi però di celare al di fuori dell’ambiente familiare i maltrattamenti subiti: non si lavano i panni sporchi in pubblico!

Questi bambini che per proteggere i genitori ne sostengono la menzogna, vivono in un mondo di finzione, che impone la rappresentazione di ruoli ben precisi, genitore modello, figlio felice.

Nella casa del disamore, come in una diabolica setta segreta, si consumano mistificazioni, soprusi e violenze, ma ai carnefici si deve rispetto e riconoscenza. Al danno si aggiunge la beffa.

E’ in primo luogo la vergogna a motivare il comportamento omertoso nel bambino maltrattato: egli ama profondamente i suoi genitori ed essendo sicuro dell’equità del loro azioni, si convince di essere realmente cattivo, indegno e meritevole di tutto il disprezzo possibile.

Entra in gioco però in quest’agghiacciante protezione dei tiranni, anche il sentimento di profonda umiliazione per dover subire atti di sopraffazione così mortificanti. Non è raro che un soggetto maltrattato sviluppi negli anni un sentimento di inferiorità  o diventi un “perdente”, una persona passiva, facile preda delle altrui angherie.

Avrà fantasticato sulle sue origini Christina, figlia adottiva di Joan Crawford?  Ostaggio di una madre crudele come una perfida strega, si sarà chiesta: “Chi è davvero la mia mamma? Perché mi ha abbandonata?”

Nel corso del testo e in bibliografia, tutte le dovute citazioni.
Immagine tratta dal film di Frank Perry, “Mammina cara”, 1981.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

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