Anna Atronne recensisce “Cercando Ofelia” di Antonella Lia

Anna Atronne recensisce “Cercando Ofelia” di Antonella Lia

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Leggere “Cercando Ofelia” di Antonella Lia è calarsi in un mondo surreale, immerso nel passato, ma che affonda le sue radici nell’attuale e assume sempre più i contorni della più cruda delle realtà quotidiane.

Ci si astrae dal reale che ci circonda e ci si ritrova immersi in emozioni, sentimenti, situazioni vibranti, che, prese per mano da una narrazione descrittiva lucida e fedele, sono accompagnate a materializzarsi in una concreta fisicità.

Le immagini offerte fin dalle prime righe hanno infatti il potere di evocare reali sensazioni, che vanno dai brividi di piacevole, sottile nostalgia, inciampando in prima persona nella scoperta di vecchi ricordi, ai fremiti di impaziente attesa, quando si rimane avvinti dalla curiosità di scoprire subito misteriosi segreti intuìti.

Leggere allora diventa una parola riduttiva.

Qui non si tratta di semplice fruizione di un testo, pur interessante ed accattivante; qui si tratta di partecipare attivamente allo svolgimento della storia, anticipando, verificando, capitolo per capitolo, parola per parola, la corrispondenza delle proprie previsioni con le successive affermazioni narrative.

Qui si tratta di essere ipnoticamente indotti ad aggredire, con velocità sempre più famelica, le righe, che, man mano scorrono sotto i nostri occhi, arrivano sotto il nostro sguardo e sono immediatamente sorpassate dalla nostra vista, in un ritmo serrato.

E il ritmo è un altro elemento essenziale, che cattura e tiene felicemente prigioniera l’attenzione del lettore.

È dato non solo da nuove informazioni, che si aggiungono, come piccoli, continui colpi di scena, ma anche dallo stile narrativo: semplice, lineare, scorrevole, fatto di frasi brevi, chiare, lapidarie nella forma e nel contenuto, porto quest’ultimo con naturalezza, nonostante il carattere non certo semplicistico degli argomenti trattati.

Il thriller, dietro la veste accattivante, propone anche sapienti ed opportune considerazioni specialistiche e ammonisce al riconoscimento dei pericoli che si possono celare dietro comportamenti apparentemente innocui e routinari .

Lo spunto alla riflessione didascalica è ampiamente fornito in una trattazione a parte, successivamente alla fine del romanzo e anche questo si rivela un opportuno escamotage letterario.

Il finale è decisamente sorprendente e spiazza ogni più azzardata ipotesi conclusiva che il lettore più spregiudicato abbia potuto formulare nel corso della fruizione dell’opera.

È un vero e proprio scoop narrativo!

E ciò lascia nell’animo di chi legge un senso di disorientamento, di stordimento, di incredulità, che viene abilmente raccolto, composto e riequilibrato nell’ultima parte dell’opera, di carattere esplicativo.

In essa l’autrice Antonella Lia smette i panni di sagace narratrice per ritornare a vestire quelli di valente ed esperta psicologa e psicoterapeuta.

È, in definitiva, un libro che lascia un segno decisamente positivo, come tutte le opere, che sono state scritte sì con la sapienza attenta e rielaborata di una grande mente, ma che sono pervase anche dalla ricchezza spontanea e delicata delle emozioni di un grande cuore.

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