Postfazione del romanzo “Era mio padre” di Claudia Saba
Alla fine del romanzo, struggente, doloroso, ma anche pieno di speranza per le donne vittime di violenza, desidero rivolgere alcune domande al lettore. Non ci sono risposte esatte o sbagliate…
Quali emozioni ti hanno assalito leggendo i passi che trattano la violenza del partner su Sara?
E cosa hai provato rispetto alla complicità tra lei e il suo carnefice?
Hai compreso il legame tra la violenza subita da Sara e il suo passato infantile?
Sei consapevole che la rimozione di un ricordo doloroso provoca ulteriori danni?
Di fronte a quel padre aguzzino, che tipo di turbamento ti invade?
È una donna cresciuta con la violenza quella che sente che non può esserci amore senza possesso. E probabilmente sceglie un partner aggressivo perché interpreta il suo comportamento bestiale come amore e interesse per lei.
Sara accetta la violenza del partner perché è cresciuta confondendola con l’amore… in lei si è creato questo legame “malato” e indissolubile! È stata abusata dal padre, colui che nell’atto di riconoscere il figlio, instaura con lui un legame sociale e come appartenente alla propria famiglia, lo protegge. Secondo Freud è il padre che da la Legge ed è ancora lui che pone i limiti. Sono queste le sue funzioni.
Ma quale devastazione si abbatte sui figli quando invece di proteggerli, è proprio lui ad abusarne? In questo caso è lui a violare la Legge e i limiti che lui stesso ha posto, accedendo proprio lui al “godimento senza pagare il pedaggio della legge paterna” [Medda, 1994].
Non smetterò mai di ribadire che la violenza di genere deriva dall’infanzia!
Riferimenti bibliografici:
Freud S.: 1977, Opere, vol. IX, Bollati Boringhieri, Torino (1920).
Lia A.: 2016, Inferni familiari: storie bizzarre di bolge domestiche, Nulla die, Piazza Amerina.
Medda V.: 1994, Kant con Freud, La Ginestra. Rivista di Cultura Psicanalitica. Castrazione e autocastrazione, Franco Angeli Editore.
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