Madri assassine

Madri assassine

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Sul tema di INFERNI FAMILIARI di Antonella Lia, Nulla die, 2016.

Una madre tristemente famosa per l’omicidio del proprio figlio, si ostina ancor oggi, dopo il terzo grado di giudizio, a proclamarsi innocente. Ha sempre avuto il sostegno incondizionato del marito e della famiglia paterna. La cronaca se ne è occupata a lungo, nel dilemma se sia bugiarda o se abbia rimosso.

C’è una terza via: quella della negazione, intesa non come menzogna, ma come meccanismo di difesa. È un dispositivo della psiche che induce il soggetto a una grave compromissione della realtà. La madre che uccide, non potendo ammettere l’evento traumatico che le indurrebbe un insopportabile senso di colpa, racconta a se stessa una storia diversa da ciò che è avvenuto. In pratica si ostina a proiettare un “film” in cui finisce per credere.

C’è un’altra madre, di cui si sta occupando la cronaca… è accusata anche lei del più orribile dei crimini e questa volta, il marito e la famiglia non la sostengono. Per un anno ha negato il delitto, raccontando la stessa storia. Oggi, nel dolore del suo isolamento riferisce di ricordare finalmente gli eventi e li racconta in parte. Occorre tener presente che la fedeltà di una narrazione, dipende dalla rappresentazione che si ha di quell’avvenimento.

Nella psiche tra i ricordi, le immagini mentali e le parole per esprimerli, ci sono molti livelli, alcuni dei quali sono coscienti, mentre altri provengono da zone profonde… i sotterranei dell’anima (come li definisce lo psicoanalista junghiano Aldo Carotenuto). Così la rappresentazione di un evento, non ne è la fedele registrazione… ci possono essere frammenti di verità, sui quali interferiscono zone di falsificazione… consapevoli o inconsapevoli.

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