L’esercizio del potere in famiglia

L’esercizio del potere in famiglia

in Blog | 0 comments

Liberamente tratto da “ABITARE LA MENZOGNA” (Stampa Alternativa)   http://www.stampalternativa.it/libri/978-88-6222-339-3/antonella-lia/abitare-la-menzogna.html

“Più è grande il potere, più pericoloso l’abuso” (Edmund Burke).

Cos’è il potere?[1]

E come mai alcune persone ne rifuggono mentre altre ne sono attratte?

Solitamente chi ha subito ingiustizie nell’infanzia ama esercitare a sua volta il potere e lo adopera in modo arbitrario. È questa la ragione per cui talvolta alcuni innescano dinamiche di potere in tutti i rapporti, perfino in quelli affettivi… quando accade, l’uomo tiranneggia direttamente la compagna mentre la donna fa uso sovente di modalità più subdole come la manipolazione.

Nella famiglia autoritaria, il potere è inteso come capacità di ottenere obbedienza ed è il genitore che decide le norme, comanda e punisce… violando un principio dello stato di diritto, la separazione dei poteri.

In tali famiglie, anziché condividerle con il dialogo, le regole si impongono per principio dall’alto del ruolo paterno e non si discutono…. si usa umiliare i bambini e si adopera nei loro confronti il verbo “vincere” completamente inappropriato al contesto: “è inutile… non vincerai!”

Il genitore non mostra alcun rispetto per la persona del figlio, rivelando di non aver rispetto neanche per se stesso.

Se il figlio non intende soccombere, si attiverà un conflitto che costerà molto all’equilibrio del giovane, e alla lunga vedrà perdente proprio il genitore.

La lotta per il potere nasce sempre dai comportamenti del genitore che si impone per principio. Il lattante non conosce il potere e non ne è attratto… solo in seguito, dopo che il genitore avrà avviato lo scontro, il bambino tenterà di affermare la propria volontà, sfidandolo sul terreno del potere.

Anche in famiglie non dichiaratamente autoritarie, può accadere che il genitore interpreti come “capriccio”, una rabbia del bambino dovuta a confusione, paura, solitudine, accesso d’ira, desiderio di attenzione o qualsiasi emozione incontrollata. Non si tratta di un capriccio, bensì di un “attacco emozionale”, che è un modo infantile di chiedere coccole, di comunicare stanchezza, nervosismo o paura. Il bambino può apparire disperato, privo di controllo come un fiume in piena, ma il genitore si allarma e stronca sul nascere quello che crede una bizza. Può intervenire per reprimerla con rimproveri o sculacciate. Si darà luogo ad una spirale senza fine: l’escalation del pianto stizzito del bambino e della repressione del genitore.  Si creerà una lotta per il potere.

I genitori dovrebbero comprendere che il capriccio è assente nei lattanti, è un atteggiamento appreso: i bambini non nascono capricciosi.

Come al solito si tratta di prevenire: un rapporto fondato sull’ascolto e sul dialogo non sfocerà in una guerra.

Una volta innescato il braccio di ferro alla base del  capriccio, è difficile, ma non impossibile, stroncarlo. Il genitore, sempre attraverso il dialogo, si tirerà fuori dalla lotta e potrà dare con calma le regole al bambino senza imporgliele per principio, ma facendogliene comprendere la necessità.

Altrimenti, il rischio è che crescendo il figlio possa diventare un adulto sedotto dalle dinamiche del potere.

Dipinto di Jean Ranc, “Filippo V di Borbone” (anno 1723, Madrid, Prado).

© RIPRODUZIONE RISERVATA


[1] In ambito istituzionale il potere è la facoltà di agire per fini collettivi. Per prevenirne l’abuso, negli Stati di diritto i poteri sono separati: chi detta le leggi non può essere la stessa persona che governa né quella che punisce. Questo principio consente di impedire che si possa adoperare il potere in modo illegittimo a fini personali.

Post a Reply

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

468 ad