Laura Ravone, poliedrica scrittrice napoletana

Laura Ravone, poliedrica scrittrice napoletana

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Con gioia intervisto Laura Ravone versatile scrittrice napoletana che grazie a un collaudato metodo di lavoro, ha portato a termine il progetto della stesura di un romanzo, “DA DONNA A DONNA“, pubblicato da Bookabook. Ma il suo progetto è andato avanti… Laura ha appena pubblicato il sequel, “4 CHIACCHIERE (tra amici)”. 

 

Come e quando è nato il tuo amore per la scrittura?

Ho sempre scritto delle poesie, con la rima o senza, in italiano o in napoletano. Le tenevo per me e pubblicizzavo solo quelle scritte per un amico o un’amica, ad esempio per un compleanno, per il pensionamento di un collega. Poi ne ho scritto alcune che sono diventate delle canzoni, messe in musica dal mio amico il Maestro Enrico Di Napoli, il quale ne ha curato anche il video, la registrazione presso la SIAE e la pubblicazione su You Tube. Ho scritto brevi racconti e li ho tenuti nel cassetto, come tanti credo.

 

Parla di te. Quella dello scrittore è il tuo primo lavoro o vivi con un’ altra professione?

Io sono felicemente in pensione. Nella mia vita lavorativa mi sono occupata di Selezione, Formazione e Sviluppo del Personale per grandi aziende. In questo ruolo ho scritto tante di quelle relazioni, ma erano fondate su elementi a me noti, la fantasia non entrava per niente nella loro stesura. E direi che è molto più facile scrivere di cose fin troppo conosciute e frequentate per molti anni. Molto diverso è immaginare personaggi, intrecci, motivazioni, problematiche.

 

Sappiamo che sei una lettrice accanita… che genere di libri ami leggere?

Io amo leggere due tipi di libri: i gialli e quelli di analisi politico/economico/sociale, e quindi questi libri risentono delle mie preferenze. Nell’ambito dei gialli mi piacciono quelli alla Conan Doyle, nei quali gli indizi sono disseminati lungo tutto il percorso, e bisogna solo riconoscerli, coglierli, metterli insieme per arrivare alla soluzione del delitto. Non mi piacciono quelli alla Agatha Cristhie, nei quali alla fine di tutto un romanzo viene fuori il coniglio dal cappello a cilindro, sotto forma di gemello separato alla nascita, oppure di 10 comprimari legati da un unico filo: in entrambi i casi sono insospettabili fino al disvelamento finale.

 

Ti sei ispirata a qualche autore di gialli?

No anzi il contrario. Ho cercato di distaccarmi il più possibile da tutti quelli dei quali normalmente leggo le opere. Nel settore dei gialli ci sono due distinzioni importanti, secondo me. In una tipologia il protagonista è un personaggio complesso, cupo, vede i fantasmi, e controverso, depresso, solitario. A questa tipologia io riconduco ad esempio i libri di Maurizio de Giovanni con il suo Commissario Ricciardi, Antonio Manzini con il suo vicequestore Schiavone ed anche Gianrico Carofiglio con il suo avvocato Guerrieri. Nell’altra tipologia invece il protagonista è solare, aperto, spesso circondato da amici o clienti/coinquilini affezionati. È il caso ad esempio di Marco Malvaldi con il suo Bar Lume e anche di Francesco Recami con il suo pensionato Amedeo Consonni. I miei personaggi principali, Camilla e Federico, sono del secondo tipo e quindi aperti verso il mondo ed il futuro, sono solari, affettuosi. Allo stesso tempo qualche tortuosità intima, qualche nodo ancora da sciogliere li rende complicati e sfaccettati, non inquadrabili immediatamente in una categoria.

 

Che genere di libri scrivi?

Be’, intanto ne ho scritti solo due, quindi non si può dire che si tratti di un segno mio distintivo l’essere scrittrice. Troppo pochi io credo due soli libri per una definizione tanto importante. Quindi parlo di questi due libri. Hanno varie sfaccettature, sono dei gialli, ma parlano anche di un amore travolgente. Parlano dell’introspezione intrapresa da Camilla, la protagonista, per valutare il proprio passato, le proprie scelte sia lavorative che esistenziali, la famiglia di origine, i propri rapporti con gli amici. Insomma una ridefinizione di sé, aiutata in ciò anche da un bel P.M., Federico, il quale ha affrontato queste problematiche molto tempo prima, aiutato da monaci orientali. Ed è ancora una critica sociale sulle ipocrisie, sui conformismi, sulle pochezze particolarmente focalizzabili nei piccoli centri, dove tutti si conoscono, tutti sanno tutto di tutti ma si fa finta di non sapere mai nulla. Anche questa è l’omertà delle micro-comunità. Il giallo verte su loschi affari, interessi economici, amori sbagliati e ancora ipocrisie.

 

Presenta i tuoi libri e ricorda di indicare in quale/i dei romanzi i personaggi e gli ambienti appartengono alla tua esperienza reale

Camilla è direttore di una prestigiosa rivista di moda. È anche una donna determinata, libera e rigorosa. Viene improvvisamente lasciata dal marito e si rifugia in un piccolo centro del sud. Lei milanese e cittadina ha bisogno della solitudine della campagna per riflettere. Con sé ha il suo cane, un ormai anziano pastore tedesco di nome Rex, il quale durante una passeggiata nei boschi trova il cadavere di una donna. Da qui parte l’indagine alla quale Camilla partecipa attivamente, perché naturalmente curiosa e ottima giornalista. Cosa c’è di reale? Ho lavorato a Milano per molti anni e quindi conosco la città e l’ambiente, vivo in questo piccolo centro in campagna, la descrizione dell’esterno della villa, che Camilla prendei in affitto per un mese, è esattamente sovrapponibile all’esterno di casa mia. L’interno invece si discosta del tutto dalla mia casa reale. Amo i cani e ne ho due, ma non ho mai avuto un pastore tedesco e non metterei mai ad un cane il nome Rex, perché abusato e scontato. Ad un certo punto l’azione si sposta alle Isole Tremiti, dove io non sono mai stata, e quindi ho dovuto documentarmi. Mentre invece è vero che ho trascorso una settimana con amici in barca a vela alle Eolie.

 

Tutto ciò vuol dire che realtà e fantasia si mescolano sempre, come credo sia normale, e in quale/ii è la fantasia ad averti ispirato la trama?

Neanche saprei dirlo da dove o da cosa sia giunta l’ispirazione per la trama. Volevo scrivere di un delitto a sfondo sociale, e i temi non mancano di certo. Ne ho scelto prima uno per il primo libro e poi un altro per il secondo. Ma ho già in testa il terzo tema, come ulteriore prosecuzione dei primi due.

 

Racconta in poche parole la trama del tuo ultimo libro.

Camilla ha preso una decisione lavorativa e familiare importante. Incontra di nuovo il bel P.M. e si trova ad indagare su una serie di sparizioni di ragazzini abbandonati. Nel frattempo ha deciso di ricostruire su basi nuove e più vere i propri rapporti amicali e familiari, impegnandosi molto anche su questo fronte. In ambedue i libri c’è poi il tema della irresponsabilità nei confronti del male. I “cattivi” non comprendono neanche la gravità delle loro azioni, non le giudicano tali. Tutto si stempera in una “normalità” più che falsa, allucinata direi.

 

In genere, quanto tempo impieghi a scrivere un libro?

Il primo libro è stato scritto in soli due mesi, poi c’è voluto un mese per una lettura accurata. Per il secondo ho impiegato più tempo perché per ben più di un mese sono stata indecisa se far morire o meno un certo personaggio e nell’indecisione ho fatto trascorrere il tempo. Mi ero affezionata e non volevo sacrificarlo. Poi ho risolto con una soluzione … creativa. Per il secondo libro però ho curato anche la grafica, ho disegnato la copertina curandone anche la grafica. Ho dovuto imparare molte cose sull’uso di un software e questo ha portato via un altro mese. Ora sarei in grado di fare lo stesso lavoro in pochi giorni.

 

Quante ore al giorno, o a settimana, in genere dedichi alla scrittura?

Io dedico la mattinata a tutte le normali faccende di casa, di accudimento di cani e gatti, di giardinaggio, eseguo le commissioni di una qualsiasi donna in pensione. La sera a letto non vedo la TV, ma leggo e poi spengo la luce e al buio penso a cosa scriverò l’indomani. Nel pomeriggio mi siedo al computer e scrivo. Il caminetto acceso richiede molto spesso l’interruzione, così come i cani i quali spesso hanno voglia di uscire in giardino e poi di rientrare. Quindi la scrittura è frammentaria, ma non perdo la concentrazione e scrivo per almeno 3 ore. A volte esco invece e quindi salto la seduta di scrittura. In ogni caso io scrivo solo in inverno, quando è complicato uscire a causa della neve o del gran freddo. Nelle altre stagioni la cura del giardino, del frutteto e dell’orto impegnano tempo ed energie tanto da non consentirmi pause di alcun genere. Mi piace realizzare conserve, marmellate, prodotti di bellezza per me e come regalo per le amiche. Ed inoltre coltivo tanti altri hobbies, come la pittura, il ricamo, il lavoro ai ferri, la piccola falegnameria. Sono costantemente in attività.

 

Scrivi di getto o ritorni sulle tue pagine?

Scrivo di getto e ritorno solo per le correzioni finali che sono sempre “ad eliminare”. Eliminare aggettivi superflui, avverbi superflui, insomma togliere più che aggiungere. Oppure per sostituire una parola troppo spesso ripetuta con un sinonimo. Anche quando lavoravo e scrivevo lunghe relazioni, ho sempre scritto di getto dall’inizio alla fine.

 

Com’è l’atmosfera che ti circonda, mentre sei intenta a scrivere?

Silenziosa. Direi che la concentrazione è massima, i personaggi mi sembrano reali e vivono quasi di vita propria, parlano da soli. In realtà io registro su una tastiera i loro pensieri e le loro parole. Ogni tanto vado a fare una passeggiata nel mio grande giardino con i miei cani, per svuotare la mente e recuperare le energie perse. Passeggiare in giardino è sempre fonte di pace interiore. Poi certo ci sono le ricerche, sui temi più varii. Ad esempio una pistola calibro 22 ha il bossolo o no? Lo espelle? Oppure no? Quali nomi si usano per le barche? Quale è la retribuzione di un Commissario di Polizia? Etc.

 

Come hai pubblicato i tuoi libri?

Per il primo ho scelto Bookabook, una giovane casa editrice milanese, la quale utilizza il metodo del crowdfunding, un sistema di cofinanziamento da parte dei lettori, i quali acquistano il libro prima ancora che sia stampato. Loro si sono occupati dell’editing (francamente non in modo eccellente), della grafica, della stampa, dell’incasso e della spedizione. Di tutto insomma. Il lato negativo è che io non ho guadagnato nulla, ma neanche speso nulla. Quindi il sistema è a somma zero. Il problema reale è che trascorre troppo tempo tra il lancio della sottoscrizione e la spedizione del libro.

Per il secondo quindi ho scelto la stampa in auto-pubblicazione. Sono tornata al metodo tradizionale. Avevo valutato la possibilità offerta da Amazon, ma quando ho visto che stampa in Polonia, ho preferito farlo stampare proprio nel paese dove vivo. Economia circolare e di prossimità … L’editing del secondo libro è stato realizzato da una mia amica nonché nipote, Paola Carnevale. La sua attenzione, la sua cultura e la sua disponibilità hanno reso questo libro infinitamente migliore, e di ciò continuo a ringraziarla.

 

Chi sono i “cattivi” nei tuoi romanzi?

I miei  “cattivi”  sono sempre dei parvenus, esseri senza qualità distintive. Sono interessati all’accumulazione vissuta come rivalsa sociale, quindi fine a se stessa. Arrampicatori sociali, attirati dalle esteriorità piuttosto che da una vera crescita personale, disposti a qualsiasi nefandezza pur di raggiungere il proprio scopo. Sono inoltre del tutto inconsapevoli delle loro responsabilità, spesso preda dei loro vizi. Maurizio de Giovanni sostiene che le classi sociali più elevate abbiano una enorme responsabilità negativa nello stato nel quale versa tutto il sud. Da ciò trae origine la sua risposta letteraria. I suoi “cattivi” , infatti,  fanno sempre parte dell’elite socio-economica, sono sempre delle classi borghesi o nobili. Io penso invece che, specialmente di recente, lo sdoganamento dell’ignoranza, della maleducazione, della scarsa qualità del pensiero, contribuiscano molto alla proliferazione di azioni aberranti finalizzate all’unico piedistallo ancora in auge: il denaro. L’assenza di strumenti cognitivi insieme con la mancanza di rigide regole etiche e morali, secondo me, forniscono alibi potenti al “male”.

 

È anche un romanzo d’amore, hai detto?

Si, è anche questo. Fra due persone fuori dagli schemi in realtà. A me piace scompaginare il paradigma del ruolo uomo/donna, e quindi… – Camilla non sa e non vuole occuparsi di cucina, mentre Federico è uno chef della gastronomia tradizionale. – Camilla è super impegnata nel lavoro, mentre Federico ricerca la tranquillità e la sicurezza lavorativa. – Camilla è forte e fin troppo sicura di sé, mentre Federico è dolce e malleabile. Poi si scoprirà che non tutto è proprio così. Bisogna andare oltre le apparenze, perché non tutto è ciò che sembra, come spesso accade nella vita reale.

 

Buon lavoro, Laura, e ad maiora!

 

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