«Culture della colpa» e «Culture della vergogna».
Ci sono forme perverse per orientare il comportamento degli altri, come suscitare vergogna e senso di colpa.
Le adopera “GENITORIALITE”[1] con i figli.
Ma la vergogna e il senso di colpa sono efficaci?
Nell’età antica i principali strumenti di controllo sociale erano la vergogna e l’onore, in seguito il Cristianesimo introdusse il concetto di colpa.
Alla fine degli anni Trenta l’antropologa Margaret Mead operò una distinzione tra le «culture della vergogna» e la «culture della colpa». Dal valore di ‘onore’ (associato al giudizio dell’ambiente sociale) si passò al sentimento di ‘colpa- peccato’ (connesso alla paura di sanzioni nel presente e nella vita ultraterrena).
Invito alla riflessione sui danni (e l’inutilità) della vergogna e del senso di colpa per controllare il comportamento dei bambini.
Il castigo, la predica e la minaccia di punizioni divine, minano l’autostima provocando sofferenza e panico… ma non ottengono risultati formativi. Il soggetto non si convince delle ragioni dell’educatore… impara presto a trasgredire sottraendosi al controllo per evitare la punizione e l’umiliazione.
Con i figli è indispensabile utilizzare l’esempio e il dialogo per far comprendere quali sono i comportamenti adeguati.
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[1] La “GENITORIALITE” o “peste genitoriale” è un neologismo da me coniato per definire un’infiammazione della genitorialità. È un modo di pensare e di agire – fatto di predicozzi, retorica, ramanzine e ostentazione di rettitudine – che evidenzia un atteggiamento “a difesa” dei genitori.
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